Premio Internazionale Vincenzo Torriani | I Premiati 2012
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I Premiati 2012

BERNARD HINAULT

 

In gruppo lo chiamavano “Monsieur Blaireau”, cioè il tasso. Perché come il piccolo mammifero era capace di memorizzare luoghi e persone in modo indelebile, e poi tirare fuori le unghie per raggiungere il suo scopo.

 

Signori, ecco Bernard Hinault, il bretone che è stato il miglior interprete del dopo-Merckx. Cinque Tour de France (1978, 1979, 1981, 1982 e 1985), tre Giri d’Italia in altrettante partecipazioni (1980, 1982 e 1985), due accoppiate giallo-rosa nel 1982 e nel 1985, un Mondiale (Sallanches 1980) davanti ai suoi tifosi e quella Liegi-Bastogne-Liegi 1980 sotto la neve, in solitudine per 160 chilometri, che fa rabbrividire solo al ricordo.

 

Bernard Hinault nasce a Yffiniac, in Francia, il 14 novembre 1954. Passa professionista nel 1975 e si accende al Tour 1978: Hinault eguaglia subito Coppi, Koblet, Anquetil e Merckx, tutti vincitori della Grande Boucle al primo tentativo. E conquista pure l’edizione successiva (con 7 tappe), quando va in fuga nella tappa finale di Parigi e batte in volata il rivale Zoetemelk.

 

Al Giro d’Italia 1980 toglie la maglia rosa a Miro Panizza nella terz’ultima tappa, quella di Sondrio con lo Stelvio. Nel 1982 il duello è con Silvano Contini: spalleggiato dal giovane Fignon, Hinault gli sfila la casacca di leader a Monte Campione. Nel 1985, infine, supera Francesco Moser, reduce dall’anno magico 1984, grazie anche all’aiuto di LeMond.

 

Nel suo palmares ci sono pure 2 Vuelta, 2 Giri di Lombardia (1979 e 1984), 2 Liegi e la Parigi-Roubaix 1981, in maglia di campione del mondo. Una corsa che sdegnava, ma che voleva assolutamente far sua. All’arrivo disse: “Mai più”.

 

Il 14 novembre 1986, nel giorno del 32° compleanno, Hinault scende dalla bici. L’aveva già annunciato nove anni prima, non cambia idea. E adesso con classe e carisma continua a dare spettacolo sul palco del Tour de France: è lui che consegna la maglia gialla. Un signore ineguagliabile, che fa onore alla leggenda del ciclismo.

UGO DE ROSA

 

“Può succedere che i ricordi di cinquanta anni possano soppiantare il presente ma ciò che faremo è molto di più di ciò che ho fatto: credo che ancora oggi la bicicletta possa essere migliorata… c’è ancora tanto futuro da creare.”

 

Queste sono le parole di un ragazzo cresciuto con un sogno; che è diventato un’azienda internazionale con un prodotto che fa sognare milioni di persone…. E forse è questo modo di pensare che ha consentito al suo sogno di arrivare nel cuore di tanti appassionati e di riconoscersi nel loro desiderio di “sfilare” sull’asfalto.

 

Forse è stato il desiderio di crescere che ha fatto nascere queste biciclette… perché la bicicletta è il primo mezzo che accomuna bambini e adulti. Solo le dimensioni cambiano ma si guida nello stesso modo; per pedalare serve lo stesso equilibrio; porta tutti a destinazione contando solo sulle proprie forze. E’ ciò che ti affaccia al mondo degli adulti.

 

Ecco, forse, questo pensava Ugo da piccolo e in quel modo di grandi … lui c’è entrato, ha maturato esperienza e fatto tendenza, ha radicato un nome e fidelizzato i clienti.

 

E tutto parte da un negozio di famiglia a Milano dove Ugo entra come meccanico all’età di quindici anni: al mattino la scuola lavoro e al pomeriggio l’attività di garzone in officina: così inizia la storia del marchio con il cuore.

 

Nel 53’ la passione prende forma in una bottega tutta sua in via Lanfranco Della Pila a Milano, dove Ugo ripara biciclette e inizia a costruirle; nel ’58 si trasferisce a Cusano Milanino dove sempre resterà.

 

Come sempre resta l’uomo prima dell’imprenditore; la passione verso un mezzo che la tecnologia gli ha consentito di costruire in modo sempre più performante prima dell’idea di un fatturato; l’armonia dei componenti prima dell’ assemblaggio.

Ecco perché i corridori scelgono di correre su De Rosa: dagli anni ’60 in poi Gianni Motta lo preferisce a tanti altri meccanici mentre Eddy Merckx lo sceglie come meccanico, costruttore, amico e mentore: è Ugo che gli avvia l’azienda in Belgio.

 

Negli anni ’70 i sodalizi si rafforzano: l’uomo gestisce i corridori e le loro esigenze di sensibilità, tenuta di strada, materiali e pesi; le biciclette che ne nascono, nutrono lo spirito da imprenditore e fanno crescere l’azienda: entrano operai; entra la ricerca e sviluppo; entra la tecnologia. Ugo De Rosa inizia, quindi, ad essere conosciuto come il “sarto” delle due ruote, colui che crea i “telai su misura” e questa caratteristica resterà sempre negli anni un suo fondamentale.

 

Negli anni ’70-‘80 è un susseguirsi di campioni:Eddy Merckx, Francesco Moser, Moreno Argentin, Gianbattista Baronchelli scelgono la disponibilità dell’uomo a mettersi in discussione per migliorare e arrivano a preferire le geometrie eleganti di Cusano Milanino. All’acciaio si affianca il titanio e si arriva agli anni ’90 in cui l’alluminio è padrone.

 

La bicicletta del cuore è sul podio di tutte le classiche: Milano – Sanremo; Liegi-Bastogne – Liegi; Freccia Vallone; Giro d’Italia; Giro di Lombardia; Tour de France.

 

L’uomo non dimentica mai la famiglia e, come tutte le passioni sane, nel laboratorio di Ugo si sporcano le mani anche i tre figli; si incomincia lì a capire cosa significhi avere un impegno e portarlo avanti con costanza. Ad avere occhio attento e fluidità di pensiero. E negli ultimi anni, le soddisfazioni dei figli riempiono il cuore di Ugo che drena su di loro il portare avanti l’azienda che ora è internazionale.

 

E il sig. Ugo? Vigila, presente e paziente incoraggia le novità perché, come dice lui,
“Nulla di straordinario è mai nato da un formula ma dall’Immaginare ciò che non esiste e farlo”

MICHIL COSTA

 

Michil Costa è nato a Bolzano l’8 dicembre 1961 ed è attualmente residente in Corvara- Alta Badia, è gestore con la sua famiglia dell’Hotel La Perla .
Lui si definisce un “uomo di natura”.

 

Dopo aver frequentato la scuola alberghiera alla fine degli anni 70 si scatena con la sua passione per il rock diventando anche disc-jockey .
La passione per la musica non lo distoglie da quella della natura e dei suoi frutti e infatti nel 1980 fonda il suo ristorante “La Stùa di Michil”ben presto assurto al top delle guide enogastronomiche internazionali.

 

E’ stato presidente dell’Unione Generale dei Ladini delle Dolomiti e ha creato la Fondazione “Costa Family Foundation Onlus” con lo scopo di promuovere nel mondo i diritti dei minori svolgendo un lavoro di assistenza per i bimbi tibetani esuli in India.

 

Quest’ anno ha anche ricevuto il 1° Premio Giuseppe Nardini a Forte dei Marmi “come miglior albergatore, attento all’ambiente e difensore del territorio e delle sue specificità.”

 

Michil Costa non è solo il presidente della Maratona Dles Dolomites.La sua passione per la bicicletta è perfettamente legata all’amore per le sue montagne e alla straordinaria visione dello sviluppo sostenibile del turismo alpino.

 

I passi dolomitici infestati dalle auto e dalle motociclette mal si sposano con la pace e la bellezza che questi luoghi evocano. La Maratona, giunta alle sua 26esima edizione è la prova che un turismo diverso è possibile.

 

Così Michil Costa parla della sua creatura: «Abbiamo imparato a sorridere grazie al ciclismo, abbiamo ancora voglia di sorridere, anche se l’ultima edizione, tra mille dolcezze, ci ha lasciato in bocca anche un gusto amarognolo: quello dell’inganno, dell’imbroglio di chi corre barando, dei raggiri dei professionisti del certificato medico. Ma non l’avranno vinta, mai; da parte nostra diventeremo, infatti, ancora più severi».

 

E sul significato che ha per lui il ciclismo Michil risponde: «E’ una passione antica che con la Maratona siamo riusciti a trasformare in un mezzo per raccontare al mondo lo spettacolo naturale delle Dolomiti, la loro bellezza, il rispetto che meritano. Pensate che abbiamo il numero chiuso a 9.000 iscritti e siamo arrivato a più di 29.000 richieste.

E con orgoglio sottolineo che in tanti hanno sottoscritto le iscrizioni a prezzo maggiorato, con le quali aiuteremo gli amici dell’Assisport Südtirol-Alto Adige e l’associazione gruppi “Insieme si può” che sostiene progetti d’istruzione e formazione nei paesi del Terzo Mondo».

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