Premio Internazionale Vincenzo Torriani | I Premiati 2015
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I Premiati 2015

GIAMBATTISTA BARONCHELLI

 

Un campione lo si misura nel tempo e nella vita.
Coraggio e umiltà sono le doti che hanno contraddistinto la sua luminosa carriera.
Lo stile di un campione esempio di tenacia e umiltà.
Nasce a Ceresara (Mn) il 6 settembre 1953, settimo di nove figli di una famiglia contadina.
Comincia a correre in bici all’età di 15 anni seguendo le orme di suo fratello maggiore Gaetano.
E’ sposato dal 1987 ed è padre di tre figli.
“Ho avuto la grande gioia di vederli nascere e crescere insieme a mia moglie. La mia prima figlia si è recentemente sposata (4 settembre) e ringrazio Dio per tutto ciò che mi ha dato nella vita”.
La sua carriera è stata lunga e luminosa e in essa brillano i due successi al Giro di Lombardia.
Il primo l’8 ottobre del 1977 dove, sotto una pioggia torrenziale stacca De Witte sul San Fermo e arriva solo a Como.
Nove anni dopo, il 18 ottobre 1986, il Lombardia parte da Como e arriva a Milano in piazza Duomo. Dopo una gara combattuta nel finale, stacca tutti e arriva da solo a braccia alzate. Il suo rapporto con il Giro di Lombardia è un romanzo di tenacia e temerarietà, una parentesi lunga nove stagioni nella quale Gibi scrive tutti i numeri di una carriera ricca di successi.
Tra le 90 vittorie in carriera Baronchelli conta quasi tutte le principali gare in linea: le vittorie al Giro dei Paesi Baschi (76), al Giro di Romandia (77), 2 Giri del Piemonte, 2 Giri di Toscana, 2 Giri di Romagna, 2 Giri dell’Umbria, 1 Giro dell’Emilia, 1 Coppa Placci, 1 Giro del Lazio e uno di Calabria.Tra il ‘77 e l’ ’82 è il signore incontrastato del Giro dell’Appennino (6 vittorie consecutive), suo il GP di Francoforte del 1980.
Nella sua carriera poi c’è un feeling particolare con il Giro d’Italia che chiuderà al secondo posto per due volte, vincendo 5 tappe. Nel 1974 solo il grande Eddy Merckx riesce a sopravanzarlo, ma solo con il minimo distacco di 12 secondi.
Anche nel 78 arrivò secondo dietro al belga Johan De Muynck con un distacco di 59 secondi.
Nel 1980 a Sallanches (Francia) cede solo all’idolo di casa Bernard Hinault, in un mondiale durissimo che vedrà solo 15 corridori tagliare il traguardo d’arrivo.
Ricordiamo inoltre i trionfi al Giro d’Italia dilettanti 1973 e al Tour de l’Avenir dello stesso anno.

GUALTIERO MARCHESI

 

Un maestro dell’arte culinaria, ma anche della cultura italiana nel mondo.
Testimone attento e sensibile dei valori della nutrizione.
Il “Maestro di cucina” in Italia e nel mondo

Nasce a Milano il 19 marzo 1930 e la sua giovinezza trascorre a San Zenone Po.
A stimolare l’appetito, nel giovane Gualtiero Marchesi, era una bicicletta. Una Bianchi i cui pedali mulinavano come frullatore per dodici chilometri ogni mattina nelle campagne di San Zenone. Era il tragitto casa-scuola, da ripetersi in senso contrario per tornare a pranzo. Salvo poi replicare il tutto al pomeriggio.
A conti fatti, quei 48 chilometri giornalieri erano
palestra per le gambe e per la mente, ancor più delle lezioni tra l’istituto Gonzaga e la scuola di Stradella. “Le pedalate per andare a scuola, nonostante fossero lunghe, avevano il loro fascino e le loro sorprese”, spiega Marchesi nella sua autobiografia, ‘Marchesi si nasce: questa è la mia storia’. “In breve mi fecero diventare un campione di ciclismo. Alla fine della guerra ero così allenato che a Milano, appena tornato, fui sfidato in una corsa da un ragazzo iscritto a una prestigiosa associazione di atletica. Ebbene, senza
neanche tanta fatica fisica, stracciai il piccolo
campioncino. Che non poteva darsi pace di tutte quelle ore spese ad allenarsi”.
Divenuto il primo cuoco italiano a guadagnarsi le tre stelle e poi a restituirle, amalgama arte e passione per crescere alcuni tra i migliori chef di oggi. A loro
insegna i segreti di sapori e appetito per il bello, tra cui quello della bicicletta. Non è un caso che oggi Enrico Crippa e Davide Oldani, due tra i suoi più noti
discepoli tra i fornelli, pedalino in testa al gruppo non solo tra le cucine più rinomate del mondo. Il primo non per niente è definito “il cuoco ciclista”, l’altro capace di dire che “la bicicletta è la cosa più importante al mondo, dopo la famiglia e la cucina”.
La sua esperienza professionale inizia a St. Moritz e poi alla scuola alberghiera di Lucerna. Dopo un’esperienza all’albergo Mercato di proprietà dei genitori , si trasferisce un Francia dove apprende nuove tecniche culinarie.
Ritorna in Italia nel 1977 e inaugura a Milano in via Bonvesin de la Riva il suo ristorante riscuotendo un immediato successo. Nel 1986 viene nominato
Cavaliere della Repubblica e riceve l’Ambrogino d’oro. Nel 91 viene nominato dal Presidente
della Repubblica Commendatore e nel 93 trasferisce il suo ristorante da Milano a Erbusco nel cuore della Franciacorta. Nel 2004 apre i battenti ALMA, Scuola Internazionale di Cucina Italiana fortemente voluta da Marchesi. Nel 2010 crea la Fondazione Marchesi che ha come obiettivo la diffusione dell’arte del buon gusto.
Nel 2014 ritorna alle origini e inaugura, in via
Bonvesin de la Riva, l’Accademia che porta il suo nome, luogo di studio e di sperimentazione:
cucina e arte si coniugano con il bello e il buono.

PIETRO SANTINI

 

Cinquant’anni di attività imprenditoriale coniugando passione,
competenza e affetti.
Un esempio del made in Italy che si tinge di rosa.
La passione per il lavoro esempio del “made in Italy”
Nasce a Dalmine il 13 gennaio 1942 e si sposa nel settembre del 1969 con Maria Rosa , che da quel momento oltre che essere sua compagna di vita diventa anche il suo braccio destro in azienda.
Nel 1971 nasce Monica, la primogenita, e nel 1982 Paola . Anche loro compongono l’affiatato team aziendale famigliare.
La sua grande passione è il ciclismo, esce ancora a pedalare e ha una pregevole collezione di bici
Made in Italy.
Di carattere è schivo e non ama apparire, prediligendo la riservatezza. Esige di provare di
persona e testare i nuovi prodotti che escono dall’azienda, specie quelli tecnologicamente
innovativi.
Per tenersi costantemente aggiornato il sabato mattina è sempre in azienda per leggere le riviste di ciclismo e mette post-it sulle notizie d’interesse passandole poi all’ufficio marketing.
Quando è in vacanza si annoia e non vede l’ora di tornare al lavoro, a quel lavoro che è la sua vita.
Nel 1965 Pietro Santini fonda il Maglificio Sportivo Santini dopo aver rilevato l’azienda dalle sorelle.
Inizialmente Santini era un’azienda artigiana che produceva abbigliamento conto terzi, ma, grazie alla profonda passione per il ciclismo e le
competizioni, Pietro ha iniziato a specializzarsi nell’abbigliamento tecnico da ciclismo.
Sin da subito Pietro ha preso una decisione
importante: quella di “disegnare e produrre tutti i prodotti esclusivamente in Italia”.
“Oggi produciamo più di 3000 articoli al giorno – ed esportiamo circa l’80% della nostra produzione all’estero. Qualcuno ci chiama “puristi”, e forse lo siamo – quello che ci motiva non sono i numeri, ma una vera e propria passione travolgente, che ci rende orgogliosi ogni volta che i nostri atleti
vincono. Per aiutarli a fare questo siamo costantemente alla ricerca di materiali innovativi e nuovi metodi di
produzione e lavoriamo sodo per affinare e migliorare sempre di più le nostre creazioni.
Abbiamo fatto una scelta. Made in Italy. Made with passion. E sappiamo che è la scelta giusta.”

PREMIO CUORE D’ARGENTO

DON ANTONIO MAZZI

 

Ama definirsi un “prete di strada”. Uomo combattivo, coraggioso e tenace, testimone concreto dell’attenzione agli ultimi.
Un testimone della “Divina Provvidenza” e dei percorsi educativi
Nasce a Verona il 30 novembre del 1929 ed è
presso il Seminario Vescovile di questa città che nel 1950 termina gli studi classici e quelli teologici e filosofici a Ferrara nel 1955.
Il 26 Marzo 1956 viene ordinato a Ferrara
Sacerdote nella Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, fondata da San Giovanni Calabria a Verona nel 1907.
Nel 1979 è chiamato a dirigere il Centro di
formazione professionale di via Pusiano (Milano), a ridosso del Parco Lambro, frequentato da un
migliaio di allievi.
Nel 1984 fonda il Gruppo Exodus per recuperare i tossicodipendenti che avevano trasformato uno dei più bei parchi d’Italia nel più grande ipermercato europeo dell’eroina.
La significativa esperienza del progetto consiste nel trasformare le terapie residenziali predominanti allora nel recupero dei tossicodipendenti in pedagogie itineranti (carovane).
Dal 1996 è presidente della Fondazione Exodus
Onlus che oggi gestisce e coordina una cinquantina di strutture sul territorio nazionale e internazionale. Svolge attività di comunicazione sociale, di
formazione, di promozione di percorsi personalizzati con bambini, adolescenti, giovani e famiglie, di prevenzione e cura delle tossicodipendenze e delle forme di grave disagio sulla base di un approccio di tipo educativo.
La Fondazione dispone di comunità residenziali, centri di orientamento e accoglienza, centri diurni e sedi di segretariato sociale. In sintonia con la Fondazione lavorano diverse Cooperative Sociali, Associazioni, un Consorzio di Cooperative e una casa editrice.
Ben nota la sua attività di pubblicista, in importanti testate giornalistiche e televisive, e di scrittore.