Premio Internazionale Vincenzo Torriani | I Premiati 2017
21650
page-template,page-template-full_width,page-template-full_width-php,page,page-id-21650,ajax_fade,page_not_loaded,,select-theme-ver-3.8.1,wpb-js-composer js-comp-ver-7.0,vc_responsive
 

I Premiati 2017

ELIA VIVIANI

 

L’oro olimpico dopo la delusione di Londra

Strada e pista per lui pari sono

 

Elia Viviani nasce a Isola della Scala (Verona) il 7 febbraio 1989
e abita non lontano, a Vallese di Oppeano.

Tesserato per il Team Sky, ma prossimo ad approdare alla Quick Step, è uno dei pochi ciclisti professionisti ad alternare
con successo l’attività su pista a quella su strada.
Dopo i primi assaggi di sport – pattinaggio a rotelle, tennis e calcio (in porta) – a 9 anni si avvicina al ciclismo. Viene da una famiglia di sportivi: il padre Renato, mobiliere, ha frequentato i rallies da navigatore, suo fratello Luca gioca a calcio in serie A, nel Verona; il più piccolo, Attilio, gareggia nel Team Colpack ed è stato azzurro della pista con lui.

 

Prima sua società la Luc Bovolone, tra i G3 arriva secondo al debutto, la prima vittoria viene nella gara successiva. Junior nella Fdb Car Diesel, dilettante under 23 con la Marchiol, passa professionista nell’aprile del 2010 con la Liquigas: al Giro di Turchia, dopo soli 6 giorni, ottiene la prima vittoria. In pista mostra tutto il suo valore:
ai Mondiali 2011 ad Apeldoorn è argento nello scratch ed è ugualmente argento nell’americana iridata di Parigi 2015.
Per sei volte campione europeo assoluto nell’omnium, 5 volte campione europeo under 23, e da junior tre volte campione europeo.

 

La medaglia d’oro nell’omnium alle Olimpiadi Rio de Janeiro viene a parziale compensazione della delusione provata quattro anni prima. A Londra era in testa prima dell’ultima prova dell’omnium olimpico e chiuse al sesto posto. A Rio, nonostante una caduta che avrebbe potuto estrometterlo, conduce una gara accortissima che lo porta a un trionfo più che meritato davanti a Mark Cavendish.

 

Anche su strada non scherza, con una crescita progressiva: dopo la tappa vinta ad Albenga al Giro d’Italia 2015, quest’anno si impone nella Classica di Amburgo e nel GP di Plouay, in un agosto per lui magico.

FRANCESCO GUIDOLIN

 

Le soddisfazioni del calcio non gli bastano

Vorrebbe essere ricordato come ciclista

 

Francesco Guidolin nasce il 3 ottobre 1955 a Castelfranco Veneto dove tuttora risiede. Deve la sua notorietà al calcio, frequentato da poco talentuoso centrocampista e ben più apprezzato da allenatore, ma non gli dispiacerebbe essere ricordato più come ciclista con apprezzabili intenti agonistici. È molto orgoglioso di esserlo, si cura, si allena, quando esce in bici è combattivo. E al Giro d’Italia si presenta sempre con la curiosità di un bambino, gli brillano gli occhi, ma ne sa molto di più di tanti che si dicono esperti.

La mattina è un po’ pigro, se la prende comoda, poi da quando non allena più, dall’esonero dello Swansea, il tempo per la bici si è dilatato, con molta sua gioia. In particolare gli piace la salita di Neviano de’ Rossi, una specie di amuleto visto che coincise con la prima vittoria quando guidava il Parma calcio.

 

La carriera di allenatore inizia per lui sulla panchina del Giorgione in C2 nel 1988-1989. Parte male, la squadra è retrocessa in Serie D.
L’anno successivo guida il Treviso in Serie C2 e poi Fano, Empoli e Ravenna in Serie C1. Con il Ravenna conquista la sua prima promozione in Serie B. Il 15 luglio 1993 l’esordio in Serie A con l’Atalanta in Serie A, ma il 2 novembre lo esonerano.
Torna a Vicenza nel 1994 e riporta subito in A la squadra dopo sedici anni di purgatorio. Nella stagione 1996-1997 vince la Coppa Italia battendo il Napoli in finale per 3-0.

 

L’avventura in Coppa delle Coppe l’anno dopo lo porta alla semifinale persa contro il Chelsea. A fine campionato lascia Vicenza. Poi allena Udinese, Bologna, Palermo, Genoa, Monaco, Parma. Torna a Udine per altri 4 anni, con buoni risultati e due qualificazioni di Champions sfiorate, nonostante la società gli cambi in media 14 giocatori ogni anno.

MARCO PASTONESI

 

Un giornalista dalla parte degli umili

I gregari la sua grande passione

 

Nasce a Genova il 27 agosto 1954, ma di fatto è un milanese/cittadino del mondo che nel nuovo millennio ha girato in lungo e in largo grazie al ciclismo e al rugby, le sue due grandi passioni.
Dopo l’esordio giornalistico nella moda (Uomo Vogue) e il passaggio a La Repubblica, non esita a lasciare la redazione milanese del quotidiano di Scalfari per approdare, negli anni novanta, a La Gazzetta dello Sport, coronando un sogno coltivato sin da bambino.

 

Le sue capacità professionali dapprima lo rendono “prigioniero” – coordina e dirige la Gazzetta dello Sportivo, poi alla Rosea sosta a lungo nella ‘stanza delle decisioni’ – prima che il direttore Cannavò si accorga del suo talento di scrittore.
Accosta il ciclismo nel 2002, quando il Giro muove dall’Olanda, e non l’abbandona più cogliendone i valori più profondi. Controcorrente, decide di occuparsi degli umili, ignorati dai più.
I campioni, per sua ammissione, non lo riguardano, i gregari sono il suo pane. In apparente contraddizione scrive “Pantani era un dio”, con l’aiuto dei gregari di Marco e dei tecnici che lo hanno accompagnato nei primi anni di carriera.
Un volume bellissimo.

 

Con grande seguito dà vita al blog “Pane e Gazzetta”, che molti rimpiangono perché la sua uscita dalla Rosea – il 30 giugno 2015 lo prepensionano– ne decreta la chiusura.

 

Le sue attitudini scriventi danno vita a numerosi titoli di sport, da solo o in tandem con Giorgio Terruzzi, suo grande amico, con cui compila due volumi di aforismi sullo sport. Di argomento ciclistico “I diavoli di Bartali”, preceduto da “Meo volava. Avventure e sventure di Venturelli”, “Gli angeli di Coppi”, “Il diario del gregario”, “La corsa più pazza del mondo”.
Quattro i titoli riservati al rugby.

PREMIO CUORE D’ARGENTO

GIUSEPPE FIGINI

 

Giornalista e organizzatore. Negli anni Sessanta collaboratore di fiducia di Vincenzo Torriani e Giovanni Michelotti, a lungo in forza all’Organizzazione del Giro d’Italia quando questa sostava in via Vitruvio a Milano, Giuseppe Figini è sempre stato vicino
al ciclismo, suo grande amore. Lasciata la OT, è stato per vent’anni punto di riferimento milanese de ”La Bicicletta”, un mensile specializzato, e per più lustri componente della Commissione Tecnica del Ciclismo Professionistico.

 

A metà degli anni Novanta è rientrato in Rcs Sport occupandosi sino al 2009 dei testi degli opuscoli delle corse e del “Garibaldi del Giro”
di cui continua a produrre la versione riservata ai radiotelevisivi.
Responsabile del trattamento degli ospiti al Giro d’Italia e alle corse di Gazzetta, ha svolto l’incarico con competenza e acume. Di recente è tornato al giornalismo con sapidi interventi ospitati dalla rubrica “Le storie del Figio” su tuttobiciweb.it.
Ha vinto la prima edizione del Premio “Il Ciclismo dei sentimenti … e della brava gente”.

IL RESOCONTO DELLA SERATA

Allo Yacht Club di Como
tutti intorno al Premio Torriani

 

A coronamento di una giornata climaticamente radiosa, allietata dall’imperioso successo di Vincenzo Nibali, un’ora dopo la conclusione del Giro di Lombardia numero 111, il XX Premio internazionale Vincenzo Torriani – “Per chi ama il ciclismo e lo fa vivere”, ha visto il suo epilogo nella splendida cornice dello Yacht Club, fronte lago di Como, in un salone affollato di addetti ai lavori, appassionati e cultori della bicicletta, in prima fila il Presidente Fci Renato Di Rocco, il cavalier Pietro Santini, due generazioni di direttori del Giro d’Italia, Mauro Vegni e Carmine Castellano.

 

Con Pier Bergonzi, vicedirettore della Gazzetta dello Sport nel ruolo di anfitrione, il prestigioso riconoscimento è andato per il 2017 al campione olimpico Elia Viviani, per la sua ecletticità e per aver indotto molti giovani a seguirne le orme in pista; a Francesco Guidolin, allenatore di successo nel calcio ma anche grande appassionato e assiduo praticante della bicicletta; a Marco Pastonesi, cantore sommo del ciclismo degli umili. Nell’occasione è stato conferito anche il “Cuore d’Argento”, riconoscimento promosso dall’Associazione Aldo ed Emilio De Martino, a Giuseppe Figini che al ciclismo, in vari ruoli, ha dedicato una vita.

 

Le immagini, vuoi video o fotografie, hanno introdotto i premiati, ciascuno con il proprio carico di emozioni. Viviani ha rivisto per l’ennesima volta il suo magico oro olimpico di Rio, compensativo della delusione patita ai Giochi di Londra 2012, ma si è detto orgoglioso e grato agli organizzatori – Rcs Sport/La Gazzetta dello Sport, unitamente alla famiglia Torriani – per il premio davvero speciale, costituito da una statuetta in bronzo raffigurante un corridore stilizzato, realizzata dallo scultore Domenico Greco su basamento di marmo. 

 

Euforico Francesco Guidolin, cui il mondo dal calcio ha tributato molti riconoscimenti, ma piacevolmente sorpreso e orgoglioso che il ciclismo, suo antico amore avvalorato sul campo, ne riconoscesse la competenza e l’assiduità di pratica, visto che esce giornalmente in bici e somma ogni anno alcune migliaia di chilometri. Si è definito un «discreto scalatore, ai tempi».

 

Marco Pastonesi, visibilmente emozionato, ha vissuto la premiazione con il conforto di un assiduo compagno di viaggio al Giro d’Italia quale Claudio Gregori, un altro cantore del ciclismo.

 

Vegni e Castellano hanno testimoniato il loro affetto per Vincenzo Torriani che, in chiusura di serata, ha visto la presentazione del volume “L’ultimo Patron”, Ancora Editrice,  scritto da Gianni Torriani sul padre e presentato da Sergio Meda. Un libro ricco di immagini e di aneddoti, di corsa e familiari, di quello straordinario protagonista dello sport e della vita che è stato Vincenzo Torriani.

LE FOTO DELLA SERATA